A proposito del dibattito sulle Terapie Riparative

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Il 2015 è cominciato con un acceso dibattito sul Convegno organizzato da Regione Lombardia “Difendere la Famiglia per difendere la Comunità”, ove si contesta caldamente il carattere omofobo di tale conferenza.

GPL , essendo un’Associazione che difende e tutela il più ampio mondo psy anche dal punto di vista del grande pubblico, e rappresentando un motore operativo nella diffusione di una sana cultura psicologica, non può esimersi dall’esprimere il proprio pensiero. Un pensiero che verterà sui contenuti, non sui risvolti politici e politicizzanti della questione.

Innanzitutto, cerchiamo di capire di cosa stiamo parlando. Oggetto di questi dibattiti sono le cosiddette “terapie riparative”, ovvero terapie il cui scopo sarebbe quello di ricondizionare l’orientamento sessuale dei pazienti omosessuali, riportandoli verso l’eterosessualità. La teoria sottostante queste terapie è di Joseph Nicolosi (ma le radici sono ben più antiche) secondo cui l’omosessualità sarebbe il prodotto di una condizione descritta come “carenza di identità sessuale”, causata da una situazione familiare di questo tipo: padre distante, madre opprimente in senso freudiano, figlio con una predisposizione genetica a diventare omosessuale. Detto in altri termini, l’omosessualità, secondo questo filone, sarebbe una specie di immaturità affettiva da correggere.

Stiamo parlando di teorie che sono prive di fondamenti scientifici, sia in termini di efficacia che di utilità. Fino al 1974 l’omosessualità compariva come categoria diagnostica di disturbo mentale sia nella classificazione mondiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (ICD-9) che in quella dell’APA, American Psychiatric Association (DSM-II). Nei successivi lavori di revisione questa categoria è stata eliminata per lasciare il posto ai cosiddetti Disturbi dell’Identità di Genere, ove per “Identità di Genere” non si fa riferimento al sesso biologico, bensì all’identità sessuale percepita da un individuo. L’identità di genere è completamente indipendente dall’orientamento sessuale e non ne influenza l’oggetto del desiderio. Il “malessere persistente riguardante il proprio sesso assegnato” (Criterio B) è il vissuto di disagio della propria identità e non l’orientamento sessuale di per sé. L’omosessualità non è una psicopatologia, e in quanto tale non necessita di essere curata.

L’intervento psicologico, quindi, non verte su una cura dell’omosessualità, bensì sulla necessità di aiutare e curare un eventuale malessere di coloro che soffrono per il proprio orientamento sessuale, a prescindere da quale sia.

Non dimentichiamo, tra l’altro, che il nostro stesso Codice Deontologico mette in evidenza come lo psicologo non possa prestarsi ad alcuna “terapia riparativa” dell’orientamento sessuale di una persona:

Articolo 3 Lo psicologo considera suo dovere accrescere le conoscenze sul comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del gruppo e della comunità. In ogni ambito professionale opera per migliorare la capacità delle persone di comprendere se stessi e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed efficace. Lo psicologo è consapevole della responsabilità sociale derivante dal fatto che, nell’esercizio professionale, può intervenire significativamente nella vita degli altri; pertanto deve prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso non appropriato della sua influenza, e non utilizza indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza dei committenti e degli utenti destinatari della sua prestazione professionale. Lo psicologo è responsabile dei propri atti professionali e delle loro prevedibili dirette conseguenze.

Articolo 4 Nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetta la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni; ne rispetta opinioni e credenze, astenendosi dall’imporre il suo sistema di valori; non opera discriminazioni in base a religione, etnia, nazionalità, estrazione sociale, stato socio-economico, sesso di appartenenza, orientamento sessuale, disabilità.Lo psicologo utilizza metodi e tecniche salvaguardando tali principi, e rifiuta la sua collaborazione ad iniziative lesive degli stessi. Quando sorgono conflitti di interesse tra l’utente e l’istituzione presso cui lo psicologo opera, quest’ultimo deve esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie responsabilità ed i vincoli cui è professionalmente tenuto.In tutti i casi in cui il destinatario ed il committente dell’intervento di sostegno o di psicoterapia non coincidano, lo psicologo tutela prioritariamente il destinatario dell’intervento stesso.

Articolo 5 Lo psicologo è tenuto a mantenere un livello adeguato di preparazione e aggiornamento professionale, con particolare riguardo ai settori nei quali opera. La violazione dell’obbligo di formazione continua, determina un illecito disciplinare che è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale. Riconosce i limiti della propria competenza e usa, pertanto solo strumenti teorico – pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e, ove necessario, formale autorizzazione. Lo psicologo impiega metodologie delle quali è in grado di indicare le fonti e riferimenti scientifici, e non suscita, nelle attese del cliente e/o utente, aspettative infondate.

Questa breve sintesi teorica ben evidenzia quale debba essere, anche e soprattutto da un punto di vista etico, la posizione dello psicologo. E ben evidenzia quale sia la posizione di GPL.

La psicologia è una disciplina che si pone al sostegno di coloro che, per un motivo o per un altro, hanno bisogno di un aiuto per trovare il loro posto nel mondo, che soffrono e faticano ad adattarsi alla realtà circostante. Non fa discriminazioni.

La cultura psicologica si pone come cultura della diversità, per il benessere della diversità, per aiutare sempre e comunque le persone ad esprimersi nella loro unicità. Parlare di terapia riparativa è di per sé dannoso, perché il cambiamento si muove e si promuove in un’ottica di maggiore possibilità di espressione del singolo e della sua singolare personalità, senza diversità di genere e di orientamento sessuale. Nessuno deve essere “riparato”.

GPL si allinea alla comunità scientifica rispetto alle terapie riparative, non riconoscendone utilità ed efficacia, non contemplando quindi l’omosessualità come una psicopatologia e non supportando qualsiasi tipo di azione omofoba.

 

Linda Pola

Cecilia Pecchioli

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