Ha il respiro della saga familiare.
Bei personaggi, bellissimo soprattutto il modo di rendere il clima della repubblica domenicana prima e dopo (dopo?) la dittatura.
Oscar, ghetto nerd ispano americano nasce e cresce nel New Jersey, attorniato dai fantasmi e dai miti del suo paese d’origine.
Oscar è grasso, poco attraente, intelligente e parecchio eccitato.
Sua madre Belicia è una ex reginetta di bellezza scappata da Santo Domingo perché perseguitata dal clan del dittatore Trujillo. Ha tutta l’energia drammatica della vita e del combattimento, tutta la poesia dell’amore e del sangue.
La sorella di Oscar, Lola, è una ragazza dolce e tormentata, assennata e insieme spericolata, come tutte le dominicane di Diaz. L’intero albero genealogico di Oscar è composto da figure torturate, espropriate, martirizzate. Vita e tragedia accompagnano la vita e i miti di Oscar, come di altre migliaia di dominicani.
La breve e favolosa vita di Oscar Wao è una storia sorprendente, che mi ha ricordato per alcuni versi “Middlesex”: le vicende del personaggio principale e dei suoi familiari sono il pretesto per uno sguardo inquietante ad una delle pagine più buie della recente storia dell’umanità.
Il libro si sviluppa attraverso la descrizione del “viraggio” del piccolo Oscar da “mini macho”, adorato da tutte le donne di casa e non solo, destinato ad una carriera da grande stallone latino, a nerd, abulico e perdente.
Nella lettura si avverte tutto il portato emotivo e relazionale dei mandati familiari e della perenne, ineluttabile alternanza nella vita di vincoli e risorse.
Si capisce come si crea “l’uomo”, almeno nella cultura sudamericana, e come si fa a distruggerlo.
Ma lo spirito di sopravvivenza dell’identità alla fine riesce, come in tutte le cose della vita, a trovare una sua forma di espressione.
Vitale o no?
Evolutiva o mortifera?
Questo sta alle sensibilità di ognuno giudicarlo e alle prospettive con cui si guarda alla vita e alle vicende umane.
Marco Schneider