L’intervista: Daniela Marzana

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Qual è la finalità della Vostra Associazione? Su quali linee vi state muovendo?

PSF è un’ organizzazione senza scopo di lucro che sorge dall’interesse di persone direttamente o indirettamente relazionate con la professione dello psicologo, con il fine di interagire con soggetti in situazione di esclusione o disuguaglianza sociale. Crediamo che la psicologia debba giungere a tutti, diventare patrimonio condiviso, risorsa nei contesti più difficili. E a questo proposito riteniamo fondamentale che sia lo psicologo a farsi carico del bisogno diffuso nella società e “incontrarlo” uscendo dagli ambienti classici della cura e della speculazione teorica quali l’università e i consultori (privati o pubblici). Gli psicologi senza frontiere offrono il loro aiuto alle popolazioni in condizione di rischio che soffrono esclusione sociale, economica o culturale, e dove è presente una situazione sociale di significativa gravità che richiede un intervento specializzato dell’ambito della Psicologia. L’obbiettivo comune a tutti i nostri interventi è quello di generare reti, rompere l’isolamento, unire le identità e le iniziative, in altre parole favorire l’“empowerment” dei contesti e delle comunità con i quali lavoriamo. Crediamo in una psicologia critica, impegnata e fortemente radicata nel contesto sociale, pertanto ci sentiamo professionisti e cittadini e in quanto tali siamo chiamati ad occuparci del disagio di chi ci circonda (vicino o lontano che sia).

Siete una Associazione che intende recarsi nei luoghi nel mondo dove c’è sofferenza e disagio, guerre, carestie, calamità, un po’ insomma come succede per Medici Senza Frontiere o Avvocati Senza Frontiere?

Il richiamo a Medici senza Frontiere o a tutte le altre categorie professionali che hanno costituito un’associazione “senza frontiere” è senz’altro immediato, la storia del nostro nome però ha un’origine un po’ diversa… dietro l’altisonante richiamo all’assenza di confini e quindi alla mondialità, si nasconde un significato più recondito ma per noi ben più prezioso. Le frontiere a cui ci si riferisce sono infatti intese come barriere mentali e culturali e non fisico-geografiche. È un’apertura mentale e culturale quella che il nostro nome si auspica di ottenere promuovendo “un’altra psicologia possibile” (come ci piace chiamarla!). Per questo le iniziative promosse dalle diverse sedi di PSF nel mondo hanno come obiettivo principale l’intervento nel contesto locale secondo i principi messi a punto con la rete internazionale: lavoriamo per gli stessi obiettivi valorizzando ognuno le risorse e i bisogni concreti del proprio territorio. Il nostro statuto prevede forme di intervento di cooperazione internazionale ed è già capitato che qualcuno di noi andasse in altri Paesi (come è stato per l’Argentina) ad offrire il proprio contributo, questo però romane un aspetto del nostro mandato, sicuramente non l’unico né il più importante. Il disagio, la povertà, la frammentazione sociale sono presenti anche a casa nostra e la convinzione che ci anima è che ognuno debba farsi carico innanzitutto di questo condividendo una teoria, una tecnica e perché no…sostenendosi e motivandosi a vicenda con tutte le altre sedi PSF.

Che tipo di progetti avete al momento attivi?

Come dicevo, l’associazione è attiva ufficialmente da meno di due anni. Nonostante la nostra giovane età abbiamo però già realizzato diversi interventi. Il nostro ambito specifico di lavoro attuale è quello della grave emarginazione adulta. Siamo in contatto con alcune delle più grandi realtà di Milano che si occupano di senza dimora. Da gennaio 2009 abbiamo avviato un progetto di inclusione sociale finanziato da Cariplo per il quale noi siamo stati chiamati in qualità di ente erogatore di servizio per tutte le prestazioni psicologiche. Nello specifico facciamo gruppi di sostegno a operatori e utenti della grave emarginazione di tre servizi milanesi, mantenendo con essi una specifica attenzione al lavoro di rete.
Un altro settore che consideriamo sempre aperto è quello della formazione che rivolgiamo sia al nostro interno: per i nuovi soci che entrano o su tematiche specifiche per quelli già attivi in associazione; sia all’esterno: in questo caso la formazione può riguardare volontari di altre associazioni o enti che ne facciano richiesta. L’eterogeneità del nostro gruppo professionale ci permette di abbracciare un gran numero di argomenti per i quali abbiamo sviluppato competenza: dalla conduzione dei gruppi, al lavoro con gli anziani, a quello con gli adolescenti, tecniche di gestione di gruppo e animazione, percorsi di approfondimento di psicologia dell’emergenza.
La psicologia dell’emergenza è un ambito al quale teniamo particolarmente, siamo nati intorno all’idea di occuparci di questo e rimane tuttora un punto forte. In seguito ai tragici avvenimenti dell’Abruzzo anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo contribuito. In prima battuta attivando una rete con altre associazioni di psicologi che si occupano di psicologia dell’emergenza al fine di formare una squadra che potesse coordinare interventi coerenti e globali. Poi abbiamo collaborato con i Giovani delle Acli per i quali abbiamo organizzato un corso di formazione per i loro volontari che faranno gli animatori nei campi estivi organizzati dai Giovani delle Acli per i ragazzini terremotati di Abruzzo. Attualmente siamo in attesa di conferme da parte delle altre associazioni del settore rispetto alla possibilità di un intervento psicologico questa estate presso le tendopoli.
Un ultimo ambito già aperto è quello della psicologia scolastica mediante l’attivazione di sportelli e gruppi di parola con insegnanti e genitori.
Molte altre ancora sono le idee che circolano e che ci piacerebbe realizzare ma ci prendiamo tutto il tempo necessario perché ogni cosa maturi e venga realizzata al momento giusto…

Che importanza pensi che possa avere per una Associazione come la Vostra il contatto con GPL?

Sono stata molto contenta del contatto con GPL, inizialmente nella persona del presidente Dott. Schneider, prima di tutto perché ritengo che sul sociale si possa lavorare solo ed esclusivamente in rete e ciò vuol dire conoscere le realtà che a vario titolo vi gravitano. Inoltre, ritengo che ci sia un elemento fondamentale ad unirci…la giovane età dei nostri associati e l’idea di un profondo cambiamento culturale proprio a partire dalle giovani generazioni, nel nostro caso giovani generazioni di psicologi. Le nostre due associazioni credono nel valore della partecipazione, della ricerca attiva di un senso professionale e personale e soprattutto credono in un futuro migliore per gli psicologi e per la psicologia tutta.

 

Cecilia Pecchioli

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