L’importanza del contesto nella pratica clinica

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Vi sono esempi storici e letterari che avvallano tale considerazione: Maria-Theresia Paradis e Bonnie Clutter si possono sicuramente enumerare tra questi.

La prima1 era una diciottenne cieca dall’età di tre anni, che per le sue doti di pianista divenne particolarmente famosa nella Vienna di fine settecento. Molti medici avevano provato a curarla senza alcun successo, mentre Mesmer, uno dei pionieri della psicologia moderna, le permise, grazie alle sue cure, di riacquistare gradualmente la vista. Purtroppo tale guarigione ebbe un effetto collaterale: la paziente perse la sua fama di musicista, probabilmente perché la stessa era in gran parte legata alla menomazione da cui era affetta e questo fatto generò un’accesa disputa tra Mesmer e la famiglia Paradis. Alla fine Maria-Theresia perse definitivamente la vista e riprese la sua carriera di musicista cieca.

Bonnie Clutter è un personaggio del romanzo “A sangue freddo”, in cui il grande scrittore statunitense Truman Capote narra dello sterminio della famiglia Clutter (il padre Herb, la madre Bonnie ed i due figli minori, Nancy e Kenyon) da parte di due psicopatici e delle vicende giudiziarie che hanno portato alla condanna a morte dei due assassini.

Tale romanzo, che narra fatti realmente accaduti, fu pubblicato nel 1966 e divenne oggetto di numerose critiche a causa della crudezza con cui i personaggi ed i fatti vengono descritti, per effetto della minuziosa ricerca della “verità” da parte dello scrittore. Si può dunque ritenere a ragione che ciò che viene narrato sia molto aderente alla realtà in cui si sono svolti i fatti e non sia il risultato di un’astrazione.

Il primo capitolo del romanzo viene dedicato alla descrizione della vita di tutti i personaggi coinvolti nella vicenda. In particolare, Bonnie viene descritta come una persona gravemente depressa, che trascorre giornate intere di abulia, in cui vaga per la casa senza una meta precisa. E’ per questo motivo che, a poco a poco, ella non riesce più ad avere le energie sufficienti per reggere il passo di Herb, che, al contrario della moglie, è un uomo molto attivo dal punto di vista lavorativo e dall’intensa vita sociale.

Benché i problemi si trascinino da molto tempo, la signora Clutter viene convinta a curarsi. Ecco come Capote descrive tale “tentativo”. 

…la signora Clutter si era recata a Wichita per due settimane di cura e c’era rimasta due mesi. Dietro consiglio di un medico, il quale aveva pensato che l’esperienza l’avrebbe aiutata a ritrovare “un senso di adeguatezza e di utilità”, aveva preso un appuntamento, quindi aveva trovato un lavoro, come addetta agli schedari, alla YWCA. Suo marito, completamente d’accordo, aveva incoraggiato l’avventura, ma a lei la cosa era piaciuta troppo, tanto che le era parso poco cristiano, e il senso di colpa che ne derivò alla fin fine fu maggiore del valore terapeutico dell’esperimento.

Appare chiaro il buon proposito con cui il medico della signora Clutter le consiglia la terapia: farle vivere un’esperienza in un contesto “altro” in cui, a differenza di ciò che le accade in famiglia, può rendersi utile. Questo dovrebbe contribuire a  farle ritrovare fiducia in se stessa e, quindi, a guarirla. L’intervento, tuttavia,  fallisce perché non si tiene conto delle caratteristiche del contesto di appartenenza della paziente: al di là del senso di colpa che Bonnie prova, è evidente, leggendo le descrizioni degli altri componenti, che in questa famiglia c’è chi è “forte”, “energico”, “attivo” e “stimato” come il signor Clutter e la figlia Nancy, e chi è “debole” e “solo” come Bonnie e, per certi versi, il figlio Kenyon. Non è facile per nessuno modificare la propria natura, specialmente se l’invio del medico prima e l’intervento terapeutico poi vengono condotti senza tener conto della situazione in cui Bonnie vive, ma con l’unico obiettivo di curare lei, in quanto soggetto portatore di un problema.

Gli esempi di Maria-Theresia e Bonnie, così distanti tra loro, offrono un importante spunto di riflessione per tutti gli psicoterapeuti, al di là dell’approccio di riferimento: qualunque intervento deve essere calibrato alla luce degli effetti che provoca sul contesto in cui i pazienti vivono, essendo tale fattore fondamentale per garantirne l’efficacia.

 

Cecilia Pecchioli

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