I colleghi ci passano le consegne, illustrandoci il loro assessment aggiornato sui bisogni del campo. Se da un lato la sofferenza riempie i luoghi e gli spazi, dall’altro spicca una grande confusione: materiali scolastici depositati qua e là, uova di Pasqua in grande quantità, scatoloni pieni di giochi sistemati provvisoriamente in una tenda adibita a magazzino. “…continuano ad arrivare oggetti da ogni luogo”, così ci riferiscono. Decidiamo che, sviluppando quanto impostato, l’intervento del nostro gruppo sarà dedicato in parte alla riorganizzazione degli spazi e alla creazione di nuovi posti, al fine di dare un contenitore alla grande confusione e un luogo all’espressione delle emozioni che invadono l’aria.
In emergenza non si può pensare solo agli aspetti clinici, ma ci si trova ad avere mansioni miste, perciò lo spostare alcuni scatoloni può diventare un momento di condivisione con i cittadini, per la riattivazione delle risorse dell’intera comunità; la coda per la mensa, può essere il luogo in cui avvicinarsi ed aprire una relazione di supporto, che potrà avere in seguito luoghi più formali. È proprio dalla praticità e dalla condivisione della vita quotidiana che nascono le relazioni e si sviluppa quel rapporto di fiducia per l’inizio di una relazione volta a ripristinare la normalità.
Così abbiamo coinvolto alcuni ragazzi e alcune donne che gravitavano attorno al nostro tendone, adibito a scuola materna ed elementare durante la mattina, nella riorganizzazione degli spazi per scandire tempi e luoghi distrutti dal terremoto.
La collaborazione e il confronto quotidiano con gli altri gruppi di volontari in presenza del capo campo, ha permesso di presentare alcune richieste nate dall’osservazione e dall’ascolto dei cittadini di Monticchio. In questo modo abbiamo ottenuto un nuovo tendone dove poter spostare la scuola elementare che con il passare dei giorni si ritrovava sempre più numerosa per le continue iscrizioni di bambini provenienti da abitazioni o campi esterni. Questo cambiamento ha permesso anche ai bambini della scuola materna e alle loro insegnanti di ritrovarsi in un luogo più tranquillo e adatto alle proprie esigenze.
Numerose sono state le attività svolte: dai colloqui presso l’ospedale di campo per persone che manifestavano attacchi di panico ed altri disturbi d’ansia, ai colloqui informali presso un locale in muratura, messo a disposizione dalla polisportiva, una delle poche strutture riaperte; dalle attività terapeutiche con i bambini utilizzando la narrazione, alle attività espressive e a quelle motorie programmate da alcune ragazze locali laureate in scienze motorie…
All’interno del gruppo di mutuo aiuto, creato dai colleghi che ci hanno preceduto, uno dei partecipanti ha proposto di creare un centro sociale, in cui potersi ritrovare il pomeriggio tardi e la sera, per fare due chiacchiere, giocare a carte, leggere i giornali, ricostruendo l’atmosfera della piazza del paese. Ed è sempre dall’ascolto della gente, nello specifico del gruppo di adolescenti, che si è arrivati a realizzare una festa, interamente gestita da loro, con il supporto del nostro lavoro, volto a rafforzare le competenze dei singoli nella divisione dei ruoli per poter procedere con l’iniziativa e a gestire le dinamiche di gruppo, a volte cariche di conflittualità.
Potrei riportare molte altre iniziative, ma penso che al di là di quanto fatto sia importante sottolineare alcuni aspetti del lavoro in contesti di emergenza, con i quali ci si confronta durante l’intervento:
L’importanza di comunicazioni chiare all’interno della propria squadra, per evitare il più possibile di rimanere assaliti dalla comunicazione distorta e confusa dovuta al contesto complesso di interazioni; l’importanza di avere un setting mentale, in modo da potersi muovere nello spazio confuso mantenendo un proprio ordine interno; preparare le persone all’arrivo di altri colleghi e alla separazione, evitando di creare relazioni di dipendenza rischiose per l’attivazione delle risorse personali; infine, la flessibilità di adattarsi allo stress ed ai cambiamenti che ogni giorno si presentano e che modificano esigenze e necessità.
Spero che quanto raccontato possa stimolare la riflessione sull’importanza di fornire un supporto psicologico, anche in contesti d’emergenza, dove i ritmi e le esigenze pratiche rischiano di travolgere le persone ed isolarle nei propri vissuti.
Un ringraziamento speciale va ai colleghi di Psicologi per i Popoli con cui ho condiviso questa intensa ed arricchente esperienza, alla Regione Lombardia e all’Ordine degli psicologi (all’interno dei quali si colloca la nostra azione), soprattutto, a tutte le persone che ho incontrato a Monticchio, i cui volti e le cui parole resteranno sempre impresse nei miei ricordi.
Dott.ssa Elisa Stucchi
Il sito dell’associazione
http://www.psicologiperipopoli-milano.org/
E quello della federazione nazionale
http://www.psicologiperipopoli.it/