Volontari nelle zone terremotate: la testimonianza di Laura Grimelli

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Lo scorso Settembre il nostro Vice Presidente Laura Grimelli ha partecipato come volontaria al gruppo-intervento EMDR presso le zone terremotate di Norcia. Tra pochi giorni partirà per una nuova missione di intervento a seguito delle recenti scosse che hanno duramente (e nuovamente) colpito il centro Italia.

Abbiamo scelto di condividere con voi la sua esperienza.

Cogliamo l’occasione per ringraziare tutti i colleghi che, come lei, scelgono di mettere a disposizione delle vittime del terremoto la propria competenza professionale, oltre alla loro grande umanità.

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Negli ultimi decenni la psicologia ha ampliato e approfondito la propria presenza nei contesti di emergenza e post emergenza, istituzionalizzando di fatto l’intervento psicologico come contributo significativo nell’assistenza ai soggetti esposti a disastri collettivi e di massa.

Gli studi relativi al comportamento individuale, dei gruppi e delle comunità in teatri di crisi hanno permesso di mettere a punto una serie di interventi clinici e sociali applicati in larga scala, con attività mirate al sostegno, al supporto e al trattamento di coloro che vivono il trauma conseguente alla perdita di familiari, alla distruzione delle abitazioni e alle scene di devastazione.

L’esperienza traumatica, tipica di un evento catastrofico qual è un terremoto, ha spesso non solo un effetto perturbante sull’individuo, a livello cognitivo ed emotivo, ma può arrivare anche ad intaccare parti profonde del Sè, a volte in modo indelebile. Infatti, gli studi sulla Psicologia dell’Emergenza evidenziano come il terremoto alteri la quotidianità, non solo dei singoli ma d’intere popolazioni, minando le certezze individuali e sociali sul presente e sul futuro. Gli scenari in cui si svolgono gli interventi umanitari in condizioni di emergenza sono caratterizzati da grande confusione e precarietà. Le vittime sopravvissute al disastro, come pure gli illesi, presentano i sintomi tipici delle reazioni da stress e da dolore emotivo che si manifestano in fase acuta (tachicardia, sudorazione, freezing, mal di testa, insonnia, disturbi gastro intestinali, etc.). Tali disturbi possono avere ripercussioni importanti sulla loro salute mentale e fisica.

Tra gli interventi utilizzati nell’ambito della Psicologia del Trauma e dell’Emergenza è ampiamente diffuso l’impiego della tecnica EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), il cui utilizzo può avvenire già a poche ore dal trauma, così come anche dopo diverse settimane.

L’EMDR, ovvero la desensibilizzazione e la rielaborazione attraverso i movimenti oculari, consiste nell’attivare il processo di integrazione dell’evento traumatico attraverso una migliore comunicazione tra gli emisferi cerebrali che viene sollecitata dalla ripetizione di movimenti oculari, saccadici e ritmici, così come di altre forme di stimolazione alternata destra/sinistra. Tale stimolazione alternata viene eseguita dopo aver identificato con il paziente, sia l’immagine traumatica sia le convinzioni negative e il disagio emotivo associati. L’EMDR si basa sull’ipotesi che esista una componente fisiologica in ogni disturbo o disagio psicologico e intende la patologia come il risultato di informazioni immagazzinate in modo non funzionale nel sistema della memoria. In presenza di un evento traumatico, l’equilibrio eccitatorio e inibitorio, necessario per l’elaborazione dell’informazione, viene perturbato, determinando il “congelamento” dell’informazione nella sua forma ansiogena originale, che corrisponde alle modalità in cui l’evento è stato vissuto e registrato.

Il Disturbo Post Traumatico (PTSD) e altre alterazioni psicologiche, come la depressione o le fobie specifiche, sono una conseguenza di questo tipo di meccanismo, mentre nella risoluzione adattiva l’esperienza è usata in modo costruttivo dalla persona e integrata in uno schema cognitivo ed emotivo positivo. Nell’EMDR un pool di esperti coordina l’assistenza psicologica selezionando i protocolli d’intevento più idonei ed è loro il compito di coadiuvare le squadre che si alternano durante il periodo di emergenza.

Il 18 settembre sono intervenuta a Norcia con la sigla “Turno 7”, insieme alle colleghe del team EMDR: la caposquadra Laura Torricelli, Marta Campion (di Reggio Emilia), Arianna Leo e Debora Traficante (di Monza). L’area nella quale siamo state inviate era già abbastanza stabilizzata. Dalla prima grande scossa del 24 Agosto c’era stato tempo sufficiente per consentire ai colleghi dei turni precedenti di raggiungere gran parte degli obiettivi dell’intervento EMDR in emergenza:

• normalizzare, per quanto possibile, le reazioni emotive ristabilendo un senso di sicurezza;

• proteggere le vittime da ulteriori danni psicologici stimolando l’utilizzo di risorse proprie;

• abbassare i livelli di stress intervenendo in modo diretto sul disturbo post traumatico.

Tuttavia gran parte della popolazione sottoposta al triage e ai test di valutazione doveva ancora “installare il posto al sicuro”, ovvero creare, con l’immaginazione un luogo accogliente capace di generare fiducia e sicurezza, inoltre, occorreva lavorare ancora sui ricordi legati all’evento catastrofico del terremoto e sui trigger, ossia gli stimoli del presente che riattivano la memoria del trauma.

Altre persone dovevano essere valutate per la prima volta. Questo era il caso degli alunni delle scuole medie che il “Turno 7” ha seguito fin dalle prime fasi del trattamento EMDR (Intervento sui Gruppi con il Protocollo Eventi Recenti”).

Le informazioni sugli interventi ancora da realizzare e sui colloqui da iniziare, proseguire e concludere, sono state trasmesse al nostro team nel “Passaggio di Consegne”, avvenuto il giorno stesso del nostro arrivo al COM, la struttura antisismica che oltre a offrire posti letto ai terremotati rappresenta la base operativa degli Psicologi, degli Assistenti sociali e di gran parte degli enti preposti alla gestione dell’emergenza tra cui la Protezione Civile, la Croce Rossa e i Vigili del Fuoco.

In questa base operativa abbiamo vissuto cinque giorni molto intensi, con la terra ancora tremante, intervenendo senza alcuna sosta dal mattino fino a notte inoltrata, concludendo il nostro impegno con l’archiviazione e la siglatura dei colloqui svolti durante la giornata.

La struttura nella quale abbiamo alloggiato è stata ristrutturata di recente, secondo le procedure antisismiche ed è sita a circa quindici minuti dal centro di Norcia. Qui hanno ricevuto ospitalità tutte le squadre EMDR che sono intervenute, con un turnover a cadenza regolare dal 24 Agosto.

Nella medesima struttura hanno alloggiato anche gli psicologi volontari, sollecitati dall’Ordine degli Psicologi dell’Umbria a intervenire come ausiliari. I colloqui si sono svolti in diverse sedi, dal Com agli uffici dell’Asl, all’Ospedale, ma anche nei campi tenda dislocati nelle campagne circostanti. Ovviamente le tendopoli non sono il luogo più indicato per svolgere una seduta EMDR o, più in generale, di psicoterapia, ma in emergenza tutto diventa possibile.

Il lavoro di equipe ha rappresentato una costante, tuttavia si sono alternati momenti d’intervento congiunto con l’EMDR di gruppo, svolto nelle scuole medie e con gli operatori dell’Asl, a momenti di colloqui individuali. I più giovani hanno risposto con maggiore efficacia al trattamento, mentre l’intervento sugli adulti è stato più difficoltoso, considerando che molti di loro sono stati testimoni di precedenti eventi sismici e, dunque, esposti a una perpetrazione della calamità, che, ogni qualvolta si manifesta, riapre vecchie ferite non rimarginate, e forse non rimarginabili, completamente.

Inoltre, chi non ha mai vissuto un movimento tellurico devastante e sente parlare di terremoto, pensa subito alla “grande scossa” che fa crollare e distrugge tutto. In realtà, le popolazioni di questa regione vivono il sisma come un evento familiare che attraversa la loro quotidianità perchè nella zona di Norcia le scosse continuano quasi ogni giorno con regolarità e intensità diverse.

Nella settimana del nostro intervento abbiamo vissuto due grandi eventi tellurici. Il primo avvenuto durante la notte, alle ore 5.30, di magnitudo 4.1 che ci ha sorprese nel sonno con un brusco risveglio, mentre il secondo, meno intenso, si è scatenato durante il lavoro di gruppo con i ragazzi a scuola. La loro reazione è stata stupefacente. Come soldatini ben addestrati si sono catapultati sotto i banchi (io e la mia collega sotto la cattedra) e in un secondo momento, in fila indiana, hanno evacuato la scuola.

Le persone hanno paura di stare sole, temono il rientro a casa e in molti, malgrado la casa sia restata ancora intatta, preferiscono deliberatamente dormire in tenda, in roulotte o in camper in angosciante attesa della “grande scossa”, quella veramente distruttrice che deve ancora arrivare.

L’escursione termica tra il giorno e la notte, inoltre, è elevata, la popolazione ha paura dell’inverno che è alle soglie e del freddo che l’attende. Regna sovrano il timore di essere dimenticati dal Paese una volta che l’emergenza sarà considerata conclusa. A Norcia, che pure è stata meno colpita dal terremoto, rispetto ad Amatrice, si teme di non ricevere più alcuna attenzione da parte dello Stato, sia in termini d’infrastrutture sia di sostegno economico.

Reazioni simili alla paura della popolazione, si possono a volte manifestare anche nei soccorritori e in coloro che svolgono l’attività di sostegno psicologico. Esposti allo stesso scenario traumatico, possono sperimentare una forte vulnerabilità, uno stato d’impotenza e di paura. Non è stato sempre semplice mantenere la calma e dimostrare di avere il controllo della situazione. Tuttavia essere in un team, con colleghe con cui condividere le medesime emozioni, i pensieri e le esperienze si è rivelato un elemento importante, se non addirittura fondamentale, per l’equilibrio psicofisico.

Il livello di coinvolgimento in questa esperienza ha alterato la nostra percezione temporale: ci siamo trattenute meno di una settimana, ma abbiamo avuto tutte la sensazione di essere in quei luoghi da un tempo indeterminato e al nostro rientro a casa, abbiamo avvertito forte il desiderio di tornare in quei luoghi, rifiutandoci di scordare i volti delle persone che si sono affidate alle nostre cure. Le loro storie sono rimaste incise nella nostra memoria.

Questa esperienza muta radicalmente, in chi l’ha vissuta, l’intima scala dei valori ed entra dentro, nel profondo dell’anima, cambiando, in un qualche modo per sempre la vita. Gli eventi catastrofici generano due grandi perdite: quella degli affetti e quella delle cose.

Quella degli affetti è assimilabile a qualsiasi altro evento luttuoso: la perdita, il dolore, il vuoto. Qui c’è qualcosa di più angosciante; accanto alla vita c’è la perdita dei contenitori delle vite, delle famiglie, delle storie, delle memorie. Credo che nasca da qui il desiderio spasmodico, ripetuto quasi ossessivamente dai sopravvissuti, fin dalle prime ore, di ricostruire, di ricominciare e di ricucire ferite, fratture di anime, di cose. Come si riesce a tornare a vivere dopo un terremoto, laddove tutto parla di distruzione? Sebbene gli interventi psicologici immediati nelle aree devastate siano come mattoni necessari alla riedificazione del Sé, diversamente dalle mura dei paesi che pur possono essere ricostruite, solo una parte della cultura potrà essere recuperata e solo una parte dell’anima delle persone coinvolte potrà essere riaccesa.

Le crepe nelle case si riverberano lungamente come squarci nella nostra identità segnando un tempo, un tempo che è stato e un tempo in divenire che pure porta in sè, malgrado tutto e tutti, la possibilità di orizzonti, comunque e necessariamente altri. E quando altro tempo sarà passato e molte fratture ricomposte, saranno visibili solo segni, da mostrare con dignità a chi chiede “come si può tornare a vivere dopo un terremoto?

 

Cecilia Pecchioli

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