Qualche mese fa sono stata interpellata – in quanto Vice Presidente della nostra associazione – per una lunga e articolata intervista riguardante la situazione dei colleghi laureati in psicologia nel loro percorso post universitario: come ben sappiamo, il panorama di scelte è molto vasto, e il mercato non sempre pronto ad accogliere i nuovi volenterosi colleghi che si cimentano nella propria avventura lavorativa.
Come associazione di categoria, noi Giovani Psicologi della Lombardia concentriamo molto del nostro impegno nella conoscenza di nuovi colleghi e nella comunicazione reciproca: per avvicinare esperienze diverse e composite; per raccogliere e condividere vicende concrete; per promuovere già a partire dal singolo la motivazione a sentirsi appartenere a un ordine professionale (sempre più anche chi non lavora esclusivamente in ambito clinico riconosce il valore dell’iscrizione all’Albo).
La questione del tirocinio accende spesso gli animi dei giovani colleghi che si affacciano al mondo del lavoro, e negli ultimi mesi l’argomento è tornato ulteriormente alla ribalta in seguito al cosiddetto “Decreto liberalizzazioni” del 24 gennaio 2012. In realtà nel nostro caso il clamore è stato immotivato, dato che le novità rilevanti riguardanti il tirocinio professionale in esso contenute, “non si applicano alle professioni sanitarie per le quali resta confermata la normativa vigente” (comma 5 art. 9)… e la nostra è decisamente riconosciuta come professione sanitaria da parte del Ministero della Salute: il nostro punto di riferimento in tal senso è la legge del 18.02.1989, n. 56 (G.U. 24.02.1989, n.46), cosiddetta istitutiva della professione.
L’annosa questione dei tirocini di specialità rimane quindi ad oggi apparentemente inamovibile, e a vari livelli.
L’impegno temporale richiesto è indubbiamente esiguo: il DM 509/1998 del 1 dicembre 1998 – regolamento recante norme per il riconoscimento degli istituti abilitati ad attivare corsi di specializzazione in psicoterapia – stabilisce un monte ore di almeno 100 all’anno per ogni anno della scuola di specializzazione, che distribuite su circa 10 mesi si concretizzano in una mezza giornata a settimana. Eppure è sempre più difficile trovare strutture che si prestino ad accogliere tirocinanti, sappiamo che vengono caldeggiate più ore di quelle previste dal Ministero, e non è previsto nemmeno un minimo di rimborso spese. Ovviamente i medici lavorano molto di più durante la specializzazione, e per questo ricevono anche borse di studio che paiono dei veri e propri stipendi… ma non si potrebbe auspicare qualcosa di simile anche per gli psicologi? (in un panorama di formazione universitaria che oltretutto sforna sempre più laureati, non sempre con le dovute attenzioni alla qualità della formazione e alle esigenze del mercato). Domanda di lavoro in ambito clinico ce n’è tantissima, e impegnare di più i colleghi farebbe ottenere il duplice scopo di dare un servizio alla cittadinanza e permettere al giovane psicologo di sperimentarsi di più proprio negli anni critici della formazione. Non dimentichiamoci, inoltre, che potrebbe agevolare il guadagno di qualche denaro, in una fase della vita in cui il giovane psicologo deve anche frequentare la scuola di specializzazione (pagandola), avviare la propria attività professionale, e – last but not least – costruirsi una propria vita privata autonoma! Tutti pensieri autentici, e ora i nostri sforzi sono rivolti a cercare gli interlocutori adatti per affrontare la questione.
Nel frattempo, vi saluto caldeggiando ancora una volta una delle risorse migliori che credo caratterizzi un giovane che si affaccia al mondo del lavoro: l’entusiasmo! La psicologia è materia affascinante e complessa, che richiede passione e dedizione e che non finisce mai di stupire: godiamoci questi aspetti tutt’altro che effimeri e facciamone un nostro punto di forza.
Fonte: http://www.repubblicadeglistagisti.it/article/specializzandi-a-confronto-medici-vs-psicologi